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Edilizia pubblica in svendita: “Politica miope e chiusa a ogni confronto”

“Vogliono vendere 1.000 alloggi pubblici ma ci sono circa 900 famiglie in graduatoria che da anni attendono risposte. E in tutto questo non siamo mai stati convocati per un confronto”. È amara la constatazione dei sindacati degli inquilini Sunia, Sicet e Uniat Marche rispetto alle politiche abitative adottate dal Comune di Ancona. “Nel solo anno 2025, il Comune di Ancona ha inserito nella vendita circa 600 immobili, ma rimane incerto il numero delle unità che verranno effettivamente alienate e quindi l’entità e la destinazione delle risorse economiche così acquisite che necessariamente dovranno comunque essere rinvestite nel settore ERP – dicono le associazioni – mentre noi continuiamo a essere escluse sistematicamente da ogni fase decisionale, senza alcun coinvolgimento preliminare, né nella previsione né nell’attuazione dei programmi di alienazione. Tutto ciò rivela una visione miope e disinteressata al benessere delle fasce più deboli della popolazione, e minano profondamente il principio stesso del diritto alla casa riconosciuto come un diritto umano fondamentale, un diritto sociale, strumentale alla dignità della persona”.

Ma non è il solo capoluogo dorico ad essere bocciato. “Siamo tornati a denunciare con forza l’estrema precarietà delle politiche abitative adottate dalla Regione Marche in questi anni con l’assenza quasi completa di finanziamenti annuali a bilancio e programmazione (Piano Triennale fermo al 2013 – 2016) se non attraverso inopportuni piani vendita (o svendita) del patrimonio di edilizia residenziale pubblica. Una precarietà ormai strutturale e che, negli ultimi anni, si è aggravata al punto da generare una vera e propria emergenza sociale”. 

Criticità già segnalate a dicembre 2024. “Assistiamo, con profonda e crescente preoccupazione, all’ennesima operazione di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico”. Per quanto riguarda Ancona, il piano di dismissioni riguarda addirittura tutto il Patrimonio di ERP, sia pur diviso in sette fasi attuative modulate nel tempo. Si tratta di un processo che, in ogni occasione, si è tradotto in una svendita: gli immobili vengono ceduti a prezzi notevolmente minori del valore di mercato, con risultati economici modesti e tempi di reinvestimento notevolmente lunghi.

“Si vendono 10 immobili per averne 3 o 4 tra dieci anni – ribadiscono i sindacati – Dai precedenti piani vendita, infatti, si sono registrate vendite molto inferiori rispetto alle aspettative, aggravando la gestione dei condomini misti (pubblico e privato) e con risultati economici non apprezzabili per il reinvestimento dei proventi. Desta forte preoccupazione la decisione di vendere all’asta, nella terza e  sesta fase, per la prima volta rispetto agli altri piani vendita regionali, anche gli alloggi liberi, ovvero potenzialmente e immediatamente disponibili per l’assegnazione a famiglie in emergenza abitativa presenti in graduatoria. Le lettere recapitate in questi giorni agli inquilini, in cui si prospetta la possibilità di acquistare l’appartamento in cui vivono, rappresentano l’ennesimo atto unilaterale, privo di confronto e garanzie. I cittadini si trovano così di fronte a decisioni complesse e cariche di incertezza, senza il supporto e la tutela che solo una concertazione reale con le rappresentanze sindacali può offrire”.

Uniat, Sunia e Sicet chiedono con urgenza alla Regione il blocco immediato delle procedure di vendita in corso, fino all’apertura di un confronto reale, formale e strutturato tra amministrazioni e rappresentanze sociali, la convocazione tempestiva di un tavolo di concertazione che coinvolga tutte le associazioni degli inquilini, con l’obiettivo di ridefinire le priorità e pianificare una gestione condivisa e sostenibile delle politiche abitative, la predisposizione di un nuovo piano strategico per l’edilizia residenziale pubblica, che garantisca il diritto all’abitare e la tutela delle fasce sociali fragili, includendo criteri chiari e trasparenti di vendita e, soprattutto, l’impegno vincolante a reinvestire i proventi in nuovi alloggi popolari e servizi abitativi.

“Le istituzioni locali – concludono i sindacati – devono farsi carico delle proprie responsabilità politiche e sociali. È urgente ristabilire un clima di dialogo e fiducia, restituendo alle politiche abitative il loro ruolo centrale nella costruzione di una società equa, giusta e solidale. È il momento di fare della concertazione una priorità, ponendo al centro del programma politico una vera cooperazione tra istituzioni e parti sociali. Solo così sarà possibile affrontare in maniera strutturale la crisi abitativa e restituire ai cittadini risposte concrete, dignitose e sostenibili. Rimaniamo disponibili per un confronto aperto, concreto e costruttivo. È tempo che le politiche abitative tornino a essere strumento di inclusione e non di esclusione. È tempo di scelte giuste, condivise e al servizio dell’interesse collettivo”.

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