Intervento della segretaria generale della Uil Marche, Claudia Mazzucchelli, al congresso della Cisl Marche.
Ancona, 08/05/2025
Essere qui oggi, tra persone che, pur con storie e approcci differenti, condividono la responsabilità della rappresentanza del lavoro, non è mero galateo istituzionale ma vorrei fosse un segnale forte: il segnale che il valore dell’unità sindacale va riaffermato, oggi più che mai.
Unità sindacale che non sia un’alleanza di comodo, ma una scelta consapevole, strategica e valoriale, radicata nei bisogni reali delle lavoratrici e dei lavoratori.
Quando siamo uniti, il mondo del lavoro sa di avere alle spalle una voce più autorevole, più concreta, più difficile da ignorare. Negli anni lo abbiamo dimostrato con forza in tante vertenze comuni, a livello nazionale come nella nostra regione.
Lo abbiamo dimostrato con la grande manifestazione unitaria sulla sanità del 2023: un momento non solo di denuncia, ma anche di proposta. Insieme abbiamo chiesto che la sanità pubblica torni a essere una priorità vera, non uno slogan da campagna elettorale. Lo abbiamo fatto con responsabilità e con chiarezza. Sicuramente non abbiamo ottenuto le risposte che avremmo voluto delle istituzioni regionali ma senza il presidio delle piazze e dei (pochi) tavoli regionali di confronto sarebbe stato peggio. Le persone che rappresentiamo non avrebbero avuto voce.
Abbiamo condiviso, non senza difficoltà, battaglie sulle pensioni, contro leggi ingiuste, contro la precarizzazione del lavoro, per chiedere salari dignitosi, a difesa del sistema pubblico (sanità – scuola) e per una transizione ecologica che non lasci indietro nessuno. In tanti settori e in tante grandi e piccole vertenze locali, l’agire unitario ha fatto la differenza.
Qui nelle Marche, l’unità sindacale è stata decisiva per affrontare le crisi industriali del territorio, per sostenere le vertenze occupazionali, per difendere i lavoratori colpiti dalla pandemia e dal post-sisma. La nostra presenza comune ai tavoli ha permesso di orientare le scelte verso la coesione e la solidarietà.
Quando abbiamo manifestato insieme, lo abbiamo fatto sempre in modo civile, autonomo, ma determinato e avendo obbiettivi concreti.
Mai come in questo momento la politica viene percepita come ininfluente, c’è un grande astensionismo e un vuoto di partecipazione. Sul fronte sindacale i lavoratori dimostrano invece di dare valore alla partecipazione quando questa può incidere positivamente e concretamente e le elezioni RSU del pubblico impiego sanciscono ancora una volta la vittoria del sindacato confederale.
Ma non possiamo nasconderci dietro un racconto idealizzato. L’unità sindacale oggi è più fragile di qualche tempo fa. Si è sfilacciata, non solo a livello nazionale ma anche qui, nel nostro territorio.
Ci sono state a volte in alcuni territori o in alcune categorie divergenze, fughe in avanti, che hanno reso più difficile costruire percorsi comuni.
Un voto in più o un iscritto in più non valgono la perdita di fiducia nel valore del sindacato che a volte comportano.
Lo dico per assumerci insieme una responsabilità: dobbiamo recuperare quella compattezza che le lavoratrici e i lavoratori ci chiedono. L’unità non è uniformità. Le differenze tra le nostre organizzazioni esistono e continueranno a esistere, ed è una ricchezza. Abbiamo sensibilità e approcci diversi anche nei modi di mobilitarci, di negoziare, di comunicare.
Ma dobbiamo avere un obiettivo comune, e questo obiettivo è chiaro: difendere e migliorare la condizione di chi lavora, di chi è in pensione, di chi cerca lavoro, di chi è ai margini. Non c’è nulla di ideologico in tutto questo: c’è solo il valore della solidarietà, della giustizia sociale, della dignità della persona.
Questo è anche il cuore dell’idea confederale di sindacato: non corporativo, radicato nei valori della Costituzione, capace di tenere insieme lavoro, società, diritti, partecipazione. È questa visione che ci ha permesso, negli anni, di influenzare positivamente le politiche sociali ed economiche del Paese.
Ma questa forza si regge su un altro principio irrinunciabile: l’indipendenza dai partiti politici. Non siamo né contro la politica né spettatori disinteressati. Al contrario, siamo un soggetto sociale che si confronta con la politica, che la stimola, la incalza, la critica se necessario o le riconosce meriti quando questi ci sono.
Sarebbe un grave errore farsi strumentalizzare.
La nostra autonomia è ciò che ci permette di dialogare con tutti, senza sudditanze, senza opportunismi. È ciò che ci permette di rappresentare tutti i lavoratori, a prescindere dal loro voto, dalla loro appartenenza o dalle loro idee.
Oggi più che mai serve uno sforzo condiviso. Non per far finta che tutto vada bene, ma per ritrovare un terreno comune, per ricostruire un patto sindacale trasparente, dinamico, efficace. L’unità sindacale non è un punto di partenza scontato, ma un obiettivo da costruire giorno per giorno. Le differenze tra le nostre organizzazioni esistono, ed è giusto che ci siano. Ma ciò che ci unisce è molto più importante di ciò che ci divide. Avere storie e sensibilità diverse non significa essere distanti: significa arricchire il confronto.
Abbiamo davanti a noi sfide enormi: il lavoro povero, le transizioni ecologiche e digitali, il declino demografico, la crisi della sanità e del welfare.
Da soli possiamo fare qualcosa ma insieme possiamo fare molto di più e soprattutto solo insieme possiamo vincere. L’unità sindacale non è una formula astratta: è la condizione concreta per dare voce, forza e dignità al mondo del lavoro.
Il sindacato, quello confederale, gioca un ruolo importantissimo nel dare una dimensione comune alla lotta e alle ingiustizie esorcizzando la solitudine e il rancore, svolgendo una funzione politica di governo del cambiamento. Dobbiamo riattivare la speranza nel futuro contribuendo a restituire un effettivo primato alla politica e al confronto, garanzie ineludibili per far prevalere le ragioni della solidarietà e della pace. Questa è la sfida che vi lancio oggi, con rispetto ma anche con convinzione: proviamo a ritessere i fili della nostra unità, con generosità e con coraggio. Le lavoratrici e i lavoratori ce lo chiedono. Il nostro ruolo sociale ce lo impone.